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Damasco cade, Assad in fuga: la Siria nelle mani dei jihadisti

8 Dic 2024 - Medio Oriente

La capitale siriana conquistata dai ribelli jihadisti di HTS. Il presidente Assad lascia il Paese, aprendo un pericoloso vuoto di potere.

Damasco cade, Assad in fuga: la Siria nelle mani dei jihadisti

La caduta di Damasco: il governo regolare di Assad in fuga

La Siria è nuovamente teatro di eventi drammatici che segnano un punto di svolta nella sua storia contemporanea. I ribelli, molti dei quali legati a gruppi jihadisti e fondamentalisti islamici, guidati da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), hanno annunciato la conquista di Damasco, dichiarando la città “libera” dal governo regolare di Bashar al-Assad. L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, con sede nel Regno Unito, riferisce che il presidente avrebbe lasciato il Paese a bordo di un aereo speciale, alimentando incertezza sul suo destino.

La coalizione jihadista e la conquista della capitale

L’offensiva lampo dei ribelli, condotta da HTS, ha scosso le fondamenta del regime siriano. Questo gruppo, che si è evoluto dal Fronte al-Nusra, ex affiliato di al-Qaeda, è noto per la sua agenda estremista. Nonostante tentativi di presentarsi come moderato, HTS rimane associato a crimini contro l’umanità, incluse torture e violenze sistematiche. Dopo aver catturato la città di Homs, i ribelli si sono spinti fino a Damasco, dove hanno preso il controllo di strutture strategiche come l’edificio della televisione di Stato e la prigione militare di Saydnaya.

Un vuoto di potere pericoloso

La caduta del governo regolare di Assad rischia di lasciare la Siria in balia di fazioni jihadiste e gruppi filo-turchi. L’abbattimento della statua di Hafez al-Assad e le immagini dei ribelli che danneggiano l’ambasciata iraniana a Damasco simboleggiano la rottura con il passato, ma pongono interrogativi inquietanti sul futuro. L’assenza di un governo centralizzato potrebbe condurre la Siria verso lo stesso destino della Libia post-Gheddafi: anarchia, instabilità e un pericoloso vuoto di potere.

Le reazioni internazionali

La presa di Damasco non è passata inosservata a livello globale. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha espresso preoccupazione per la rapida evoluzione della situazione, sottolineando l’urgenza di monitorare gli eventi attraverso il contatto diretto con l’ambasciata italiana. Donald Trump, attraverso la sua piattaforma Truth Social, ha dichiarato che Assad sarebbe stato abbandonato dalla Russia, suo principale alleato, affermando: “Putin non è più interessato a proteggerlo”.

Le ombre sul futuro: rimpiangeremo Assad?

Con la fuga del governo regolare e l’ascesa di forze jihadiste, il destino della Siria appare incerto. Il crollo del regime di Assad, per quanto contestato, apre la strada a nuove minacce geopolitiche. La storia recente ci insegna che la caduta di un leader autoritario, come nel caso di Gheddafi in Libia, non garantisce la transizione verso la democrazia, ma spesso porta a un caos che colpisce la stabilità regionale.

Senza Assad, la Siria rischia di diventare terreno fertile per estremisti e attori internazionali con agende contrastanti. È una lezione che non possiamo ignorare: come abbiamo rimpianto Gheddafi per la stabilità che garantiva, potremmo presto rimpiangere Assad.

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