Stellantis: profitti, dismissioni e crisi italiana
12 Dic 2024 - Italia
Il caso Magneti Marelli e i dividendi agli azionisti evidenziano un modello insostenibile per il futuro del settore automobilistico italiano.
I finanziamenti pubblici alla Fiat: un passato di sostegno continuo
Fiat è stata a lungo una delle principali beneficiarie del sostegno pubblico italiano. Attraverso contributi diretti, incentivi fiscali e ammortizzatori sociali, lo Stato ha garantito la sopravvivenza del gruppo automobilistico in momenti di crisi, con un approccio che puntava alla salvaguardia dell’occupazione e alla tutela di un settore strategico per l’economia nazionale. Tuttavia, il rapporto tra pubblico e privato è stato spesso sbilanciato: ai finanziamenti concessi non è corrisposto un impegno adeguato da parte di Fiat, né sul fronte degli investimenti in innovazione né su quello della stabilità occupazionale.
Questa tendenza si è acuita con la trasformazione di Fiat in FCA e, successivamente, con la nascita di Stellantis. Nonostante gli utili generati negli ultimi anni, una parte considerevole delle risorse è stata destinata a dividendi, spesso a beneficio della famiglia Elkann, principale azionista attraverso Exor.
Il caso Magneti Marelli: un asset strategico ceduto al miglior offerente
Un capitolo particolarmente significativo di questa vicenda riguarda la vendita di Magneti Marelli, storica azienda italiana specializzata nella produzione di componenti per il settore automobilistico. Fondata nel 1919, Magneti Marelli è stata per decenni un punto di riferimento nel campo dell’elettronica e delle tecnologie avanzate, rappresentando un asset strategico non solo per Fiat, ma per l’intero settore automobilistico italiano.
Nel 2018, FCA annunciò la cessione di Magneti Marelli al gruppo giapponese Calsonic Kansei, controllato dal fondo statunitense KKR, per una cifra di circa 6,2 miliardi di euro. La vendita fu giustificata con l’intenzione di rafforzare la struttura finanziaria di FCA e concentrarsi sul core business automobilistico. Tuttavia, questa operazione sollevò numerose critiche, sia per la perdita di un’azienda strategica sia per la destinazione dei proventi della vendita.
Una parte consistente dei 6,2 miliardi non fu reinvestita in innovazione o nel rafforzamento degli stabilimenti italiani, ma destinata al pagamento di dividendi straordinari agli azionisti. Ancora una volta, la famiglia Elkann si trovò tra i principali beneficiari dell’operazione, rafforzando la percezione di una gestione orientata al profitto di breve termine piuttosto che alla sostenibilità industriale.
Le conseguenze della vendita di Magneti Marelli
La dismissione di Magneti Marelli ha avuto un impatto significativo sul sistema industriale italiano. Da un lato, il trasferimento della proprietà a un gruppo straniero ha comportato una perdita di controllo su tecnologie e competenze strategiche, in un momento in cui l’innovazione tecnologica rappresenta un elemento cruciale per la competitività del settore automobilistico. Dall’altro, l’operazione ha creato incertezze per i lavoratori italiani di Magneti Marelli, nonostante le rassicurazioni iniziali sulla salvaguardia dell’occupazione.
Inoltre, questa vendita si inserisce in un quadro più ampio di riduzione del peso industriale italiano all’interno di Stellantis. Gli stabilimenti italiani continuano a operare sotto capacità, mentre le decisioni strategiche vengono prese sempre più spesso all’estero, a partire dalla sede legale in Olanda.
Il mancato reinvestimento degli utili e la crisi del settore italiano
Il caso Magneti Marelli non è isolato. Stellantis, pur registrando utili considerevoli negli ultimi anni, ha mostrato una cronica mancanza di visione a lungo termine. Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono rimasti limitati, soprattutto in Italia, dove la transizione verso l’elettrificazione e la mobilità sostenibile procede a rilento. Questo approccio alimenta un circolo vizioso: la perdita di competitività degli stabilimenti italiani giustifica ulteriori delocalizzazioni e tagli, mentre il tessuto industriale si impoverisce progressivamente.
La famiglia Elkann, attraverso Exor, ha beneficiato di dividendi straordinari per miliardi di euro negli ultimi anni, senza che ciò si traducesse in un rilancio del settore industriale italiano. Questo modello di gestione, basato sulla massimizzazione dei profitti a breve termine, si rivela insostenibile per un’industria che necessita di investimenti significativi per affrontare le sfide globali.
Ripensare il rapporto tra pubblico e privato
La vendita di Magneti Marelli e la gestione degli utili da parte di Stellantis evidenziano le criticità di un sistema che ha privilegiato gli interessi di pochi rispetto a quelli dell’intero comparto industriale. È essenziale ripensare il rapporto tra sostegno pubblico e strategie aziendali, introducendo vincoli più stringenti per garantire che le risorse erogate siano utilizzate per investimenti produttivi e innovativi.
L’Italia non può permettersi di continuare a perdere asset strategici e competenze fondamentali. Solo una politica industriale lungimirante, che sappia bilanciare l’intervento pubblico con il controllo sulle scelte aziendali, potrà garantire un futuro sostenibile per il settore automobilistico e per l’industria nazionale nel suo complesso.