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Meloni vs Prodi: sovranità e obbedienza, lo scontro ad Atreju

17 Dic 2024 - Italia

Dal palco di Atreju, Giorgia Meloni attacca Romano Prodi: privatizzazioni, euro e Cina nel WTO, esempi di una politica di obbedienza che ha danneggiato l’Italia.

Meloni vs Prodi: sovranità e obbedienza, lo scontro ad Atreju

A giudicare da certe cronache e commenti, sembra quasi che Giorgia Meloni, dal palco di Atreju, abbia rispolverato a sorpresa il nome di Romano Prodi. Eppure, il riferimento del premier durante la chiusura della storica kermesse di Fratelli d’Italia al Circo Massimo non è stato né casuale né frutto di un rancore personale, come qualcuno vorrebbe far credere. È stata, piuttosto, una risposta politica precisa e puntuale all’attivismo del Professore, che negli ultimi tempi non ha certo risparmiato critiche al governo e tentativi di “riorganizzare” un centrosinistra allo sbando.

L’attivismo di Prodi e il centrosinistra in difficoltà

Romano Prodi ha ripreso a muoversi con forza nel panorama politico italiano da quando è diventato chiaro che Elly Schlein non sarebbe riuscita a mantenere le promesse di rilancio del Partito Democratico. Da figura di avvertimento, Prodi si è trasformato in vero e proprio “regista ombra” nel tentativo di dare una parvenza di compattezza a un’opposizione spesso priva di idee e visione. Le ospitate televisive e le incursioni come editorialista hanno lasciato spazio al ruolo di potenziale kingmaker, con il caso Ruffini – l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate proposto come figura di federatore – che ha dato nuova linfa al dibattito.

Le parole di Meloni: una lezione sulla sovranità nazionale

Meloni, dal palco di Atreju, non si è sottratta al confronto e ha ribadito un concetto chiaro: certi pulpiti non possono impartire lezioni di sovranità nazionale. Con un intervento di rara efficacia, il premier ha smontato i tentativi di Prodi di riscrivere la storia. Ha ricordato alcune tappe cruciali che segnano i trascorsi del Professore: la svendita dell’IRI, l’ingresso dell’Italia nell’euro e l’adesione della Cina al WTO, tutte decisioni che hanno prodotto più danni che benefici per l’Italia.

“Ricordo che diverse cose che ha fatto nella sua vita – svendita dell’Iri, come l’Italia entrò nell’euro, il ruolo determinante nell’ingresso della Cina nel Wto – dimostrano che di obbedienza se ne intende parecchio”, ha sottolineato Meloni, rivendicando una scelta opposta rispetto al passato.

La risposta di Prodi: cadere dalle nuvole per difendere l’indifendibile

La reazione di Romano Prodi non si è fatta attendere. Fingendo sorpresa, ha accusato Meloni di voler riscrivere la storia e ha definito la critica come “esagerata” e segno della sua influenza. Una difesa che, però, cade a pezzi se si guarda ai fatti. Prodi stesso, in passato, ha ammesso che la privatizzazione dell’IRI fu dettata dagli “obblighi europei”, un ulteriore esempio di come, in quegli anni, l’Italia finì per subire decisioni imposte dall’esterno.

Lo stesso discorso vale per l’adesione all’euro, presentata all’epoca come una panacea e poi rivelatasi una trappola per l’economia italiana. Il celebre pronostico “lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno in più” è oggi ricordato come una delle più grandi illusioni vendute ai cittadini.

E infine, l’ingresso della Cina nel WTO, fortemente sponsorizzato da Prodi durante il suo ruolo alla Commissione Europea, ha portato vantaggi enormi a Pechino, ma ha devastato le economie occidentali, Italia inclusa.

Meloni e la sovranità: una direzione opposta al passato

L’affondo di Meloni non è stata una semplice critica, ma un chiaro messaggio politico. Mentre Prodi rappresenta una stagione in cui l’Italia ha perso pezzi di sovranità a colpi di privatizzazioni e diktat europei, il governo attuale punta a una politica che mette l’interesse nazionale al centro.

Quella di Atreju è stata una lezione di politica e memoria storica. Giorgia Meloni ha ribadito che il tempo in cui l’Italia obbediva senza discutere è finito. Un messaggio chiaro a chi, come Prodi, non si rassegna al cambiamento e prova a impartire lezioni da un pulpito ormai indebolito dai fatti della storia.

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