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Turchia pronta all’offensiva contro i curdi siriani

17 Dic 2024 - Medio Oriente

Movimenti militari turchi a Kobane. I curdi si appellano a Trump per evitare un’invasione. Gli Usa divisi tra alleanza con Ankara e sostegno ai curdi.

Turchia pronta all’offensiva contro i curdi siriani

Turchia pronta all’offensiva contro i curdi in Siria

La Turchia ha rafforzato il dispiegamento delle sue forze militari al confine con la Siria, mentre cresce l’allarme per una possibile incursione su vasta scala nelle aree controllate dalle milizie curde siriane. Fonti ufficiali statunitensi, confermate dal Wall Street Journal, descrivono movimenti di truppe e artiglieria nelle vicinanze di Kobane, simbolo della resistenza curda contro l’Isis. Questa città, a maggioranza curda, è oggi nuovamente al centro della tensione militare tra Ankara e le Forze Democratiche Siriane (FDS), alleate degli Stati Uniti.

Gli obiettivi della Turchia e le conseguenze per i curdi

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha da sempre considerato le FDS come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale turca, ritenendole un’estensione del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), considerato da Ankara un’organizzazione terroristica. L’obiettivo dichiarato è stabilire una “zona sicura” lungo il confine di circa 30 chilometri, liberando quelle aree dalla presenza curda.

Ma per i curdi, che hanno combattuto al fianco degli americani nella battaglia contro l’Isis, questa mossa rappresenta l’ennesimo tradimento. Ilham Ahmed, leader dell’amministrazione curdo-siriana, ha lanciato un appello a Donald Trump, affinché la promessa americana di protezione non venga disattesa. In una lettera ottenuta dal Wall Street Journal, Ahmed ha avvertito: “Un’invasione turca provocherebbe conseguenze catastrofiche, con oltre 200.000 sfollati civili solo a Kobane”.

Un déjà vu: l’offensiva turca del 2019

I movimenti militari odierni richiamano quanto accaduto nel 2019, quando la Turchia invase il nord-est della Siria approfittando del parziale ritiro delle truppe americane voluto da Trump. Allora, un cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti costrinse i curdi a cedere ampie porzioni di territorio ai turchi. Oggi, con circa 900 soldati americani ancora presenti in Siria, gli Stati Uniti si trovano a dover gestire nuovamente le pressioni turche, ma la volontà di Erdogan sembra irremovibile.

Gli interessi di Ankara e il ruolo strategico della Siria

La Turchia non ha mai smesso di agire militarmente in Siria, con l’obiettivo di eliminare qualunque possibilità di un’autonomia curda lungo i suoi confini. Al tempo stesso, Ankara sfrutta la debolezza della Siria post-Assad per rafforzare la propria influenza geopolitica nella regione.
Non va dimenticato che Erdogan punta a consolidare la presenza turca non solo a livello militare, ma anche economico e politico, come sottolineato da Asli Aydintasbas della Brookings Institution. L’incontro di oggi tra il leader turco e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, incentrato sul “dopo-Assad”, conferma il ruolo chiave della Turchia nella ridefinizione degli equilibri mediorientali.

La posizione degli Stati Uniti e il dilemma occidentale

La presenza americana in Siria è sempre più fragile e sotto attacco. Da una parte, Washington ha l’obbligo morale di sostenere i curdi, alleati fedeli nella lotta contro l’Isis; dall’altra, non può permettersi di compromettere i rapporti con un membro strategico della NATO come la Turchia. L’incontro della scorsa settimana tra il segretario di Stato Antony Blinken e i rappresentanti turchi non sembra aver prodotto risultati concreti.

Il rischio è che, ancora una volta, siano i curdi a pagare il prezzo più alto delle manovre geopolitiche tra grandi potenze.

Una nuova tempesta all’orizzonte

La situazione al confine turco-siriano rappresenta un banco di prova per gli equilibri internazionali in Medio Oriente. La Turchia di Erdogan si muove con determinazione per raggiungere i propri obiettivi, mentre i curdi guardano con speranza agli Stati Uniti e, in particolare, al ritorno di un Trump percepito come più pragmatico rispetto all’attuale amministrazione Biden.

Gli sviluppi delle prossime settimane saranno cruciali: un’offensiva turca non solo potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione, ma metterebbe alla prova la coerenza occidentale nella difesa dei propri alleati.

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