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Cronaca di un Attacco Sottovalutato: L’Operazione ‘Alluvione di al-Aqsa’

7 Nov 2023 - Geopolitica

Cronaca di un Attacco Sottovalutato: L’Operazione ‘Alluvione di al-Aqsa’

Nel tessuto intricato del conflitto mediorientale, le operazioni militari e gli attacchi di Hamas contro lo stato di Israele sono spesso accompagnati da un forte impatto mediatico e un’onda di reazioni che attraversa l’opinione pubblica mondiale. La narrazione di tali eventi può essere profondamente polarizzata, con riflessi che si estendono ben oltre i confini delle realtà coinvolte. Il Guardian, in una recente disamina, ha offerto un’analisi dell’attacco ‘Alluvione di al-Aqsa’, un’operazione di Hamas che ha scosso Israele un mese fa.

Un piano “raffinato”

La ricostruzione degli eventi delineata dal giornalista Jason Burke dopo incontri con fonti dell’intelligence israeliana, testimonia di un piano raffinato orchestrato da un nucleo di leader esperti di Hamas, con Yahya Sinwar e Mohammed Deif menzionati come figure chiave. Con l’adozione di tattiche ingegnose per eludere uno dei sistemi di sorveglianza più avanzati al mondo, Hamas ha dimostrato di poter organizzare e lanciare un’operazione complessa e di vasta portata, risultata in un tragico bilancio di 1.400 morti, di cui si afferma siano stati 1.200 civili.

Tuttavia, nonostante l’eccezionalità e la gravità dell’attacco, una porzione significativa dell’opinione pubblica internazionale sembra essere sbilanciata contro Israele. Questa percezione può essere in parte attribuita alla maniera in cui le informazioni e le immagini vengono selezionate, presentate e diffuse attraverso i media globali e i social network. Video e testimonianze dei crimini commessi durante l’attacco di Hamas, compresi quelli catturati da GoPro distribuite agli assalitori, hanno in effetti saturato i media, ma la reazione pubblica non è sempre proporzionata alla gravità dei fatti.

Passaparola contro il sistema di sicurezza

La strategia di Hamas di diffondere ordini tramite il passaparola per mobilitare migliaia di miliziani a Gaza è stata descritta come una misura innovativa per contrastare i sistemi di sorveglianza e intercettazione israeliani. L’uso delle moschee per radunare le truppe e la distribuzione di armi e munizioni seguendo una rete capillare di comandanti, amici e parenti, raffigura un metodo organizzativo sofisticato e di sorprendente efficacia. La sincronizzazione delle azioni e l’uso di ordini scritti per dettagliare l’attacco finale rivelano una pianificazione meticolosa.

Gli esperti consultati da Burke e altri indipendenti hanno validato la plausibilità di tale narrazione, sebbene rimangano questioni aperte sulla veridicità di alcune affermazioni. Israele sostiene che il piano sia stato celato non solo alla leadership politica di Hamas all’estero, ma anche agli sponsor iraniani del gruppo, e suggerisce che l’elaborazione del piano sia avvenuta in un tempo molto più breve dei due anni rivendicati da Hamas.

Riflessione finale

L’articolo del Guardian invita a una riflessione più profonda su come le narrazioni dei conflitti vengono costruite e consumate. C’è una sfida etica per i media e per il pubblico: quella di confrontarsi con le proprie precomprensioni e cercare di capire la realtà nella sua complessità, al di là delle semplicistiche dicotomie di “buoni” e “cattivi”. Ciò richiede un’attenzione critica alle fonti, un’esplorazione delle diverse prospettive e un impegno a non lasciare che il rumore mediatico possa interferire su una capacità di giudizio.

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