Spagna in Bilico: Sánchez Accusato di Tradire gli Interessi Nazionali per il Potere tra Proteste e Tensioni Politiche
9 Nov 2023 - Europa
Nel teatro politico spagnolo, le luci si concentrano su una figura controversa: Pedro Sánchez, il primo ministro incaricato che, in una corsa contro il tempo, cerca di tessere un governo prima della scadenza del 27 novembre. La posta in gioco? Evitare nuove elezioni che potrebbero vedere la Spagna tornare alle urne all’inizio del 2024. Ma è il prezzo di questo tentativo di governo che solleva polemiche e scatena le piazze: la negoziazione con i separatisti catalani e la possibile amnistia per i leader del movimento indipendentista.
La scena politica si tinge di tensione mentre le strade di Madrid si infiammano per la seconda notte di proteste. Circa 7.000 manifestanti, molti dei quali appartenenti a gruppi di estrema destra e sostenuti dal partito Vox, esprimono il loro dissenso verso i negoziati in corso. La loro ira si concentra sulla sede del Partito Socialista spagnolo (PSOE), guidato proprio da Sánchez, dove gli scontri con la polizia hanno portato a decine di arresti.
Sánchez, già a capo del governo prima delle elezioni del 23 luglio, sembra determinato a siglare un accordo che garantirebbe l’amnistia ai leader separatisti coinvolti nel tentativo di secessione del 2017, in cambio del sostegno a un governo di coalizione socialista. Questa mossa, tuttavia, viene interpretata da molti come un atto di disperazione politica, un sacrificio degli interessi nazionali sull’altare dell’ambizione personale.
Il leader del Partito Popolare, Alberto Núñez Feijóo, vincitore delle elezioni ma incapace di formare un governo, si scaglia contro le trattative, definendole un’offesa alle istituzioni spagnole. La sua risposta è un appello alla protesta, prevista per domenica 12 novembre, in un tentativo di mobilitare l’opinione pubblica contro quello che percepisce come un tradimento.
L’entourage di Sánchez rimane ottimista, puntando a concludere un accordo con Insieme per la Catalogna (Junts Per Catalunya), il partito di Carles Puigdemont, figura centrale del movimento indipendentista e attualmente in esilio a Bruxelles. Ma è proprio questo ottimismo che alimenta il dibattito: fino a che punto si può spingere un leader per mantenere la propria posizione di potere?
L’atteggiamento di Sánchez, disposto a negoziare con chi ha cercato di frammentare la nazione, è emblematico di una certa sinistra che, nonostante la sconfitta elettorale, sembra voler rimanere ancorata al potere a ogni costo. Questa ossessione per la “poltrona” solleva interrogativi profondi sulla natura del compromesso politico e sul prezzo dell’ambizione.
Mentre il tempo stringe e la Spagna si trova a un bivio, la domanda rimane: quale sarà il vero costo di un governo Sánchez? E la democrazia spagnola, già messa alla prova, come uscirà da questa prova di forza tra interessi nazionali e ambizioni personali?