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Cassazione: Saluto Romano e ‘Presente’ non sempre reato

18 Gen 2024 - Italia

Cassazione: Saluto Romano e ‘Presente’ non sempre reato

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno emesso una sentenza riguardante il saluto romano e la chiamata del ‘presente’, definendoli come “un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista”. La decisione si è concentrata su una vicenda del 2016 a Milano, durante una commemorazione di Sergio Ramelli, Carlo Borsani ed Enrico Pedenovi.

La Corte ha stabilito che questi gesti potrebbero integrare il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba, soprattutto quando, “avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Questa decisione ha portato alla revoca dell’assoluzione in primo grado per otto imputati, che ora affronteranno un nuovo processo di appello.

La Corte non ha escluso del tutto il richiamo alla legge Mancino, che vieta manifestazioni esteriori di organizzazioni che incitano alla discriminazione o alla violenza. Le Sezioni Unite hanno chiesto alla Corte di appello di Milano di verificare se ci sia il concreto pericolo di riorganizzazione del partito fascista.

Le difese hanno commentato che il saluto romano non costituisce reato, affermando che è lecito solo in contesti commemorativi. Casapound ha celebrato la decisione come una “vittoria storica”, ribadendo l’intenzione di continuare a fare il saluto romano.

Diverse interpretazioni emergono da queste dinamiche giudiziarie. Alcuni legali sostengono che il gesto costituisca reato solo se associato al pericolo concreto di riorganizzazione del partito fascista, mentre altri ritengono che possa integrare il delitto previsto dal decreto Mancino in alcune condizioni.

Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha dichiarato che la sentenza è un riconoscimento rispettoso e ha sottolineato che essa ha bocciato la condanna basata sulla legge Mancino, dando ragione all’assoluzione di primo grado fondata sulla legge Scelba. La posizione del presidente del Senato, Ignazio La Russa, è stata descritta come un “rispettoso riconoscimento” nei confronti della sentenza.

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