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Controdazi, l’errore che l’Italia non può permettersi

5 Apr 2025 - Europa

Lo scontro con gli Stati Uniti rischia di trasformarsi in un boomerang: Bruxelles pensa alla ritorsione, ma i settori italiani sarebbero i primi a pagare. Serve diplomazia, non ideologia.

Controdazi, l’errore che l’Italia non può permettersi

I dazi americani? Sì al dialogo, no alla guerra commerciale: Meloni evita il suicidio economico dei controdazi

Da liberale, non posso che accogliere con favore la linea espressa da Giorgia Meloni nelle ultime ore. Di fronte alla minaccia concreta di nuovi dazi americani su prodotti europei — una scelta che risponde alla strategia protezionista della presidenza Trump — la presidente del Consiglio ha ribadito una verità tanto semplice quanto essenziale: non si combatte un dazio con un altro dazio, perché il prezzo lo pagano i cittadini.

Meloni ha sottolineato che «il panico e l’allarmismo possono causare danni ben maggiori di quelli strettamente connessi con i dazi». Una frase che può sembrare di buon senso, ma che in realtà rappresenta un’importante presa di posizione contro chi, in Europa, spinge per misure di ritorsione che rischierebbero di innescare una spirale di guerre commerciali.

Tajani: la vera minaccia sono le reazioni impulsive dell’Europa

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha colto il punto centrale che molti, accecati da spirito revanscista, sembrano ignorare: l’Italia ha tutto da perdere da un’escalation di controdazi. I settori che verrebbero colpiti in una rappresaglia europea — motocicli, superalcolici, cosmetica, gioielleria — sono proprio quelli in cui il nostro Paese eccelle, spesso anche grazie a una clientela americana affezionata e disposta a pagare per la qualità del made in Italy.

Tajani, con chiarezza, invita Bruxelles a non cedere alla tentazione della vendetta commerciale. Perché ogni dazio di ritorsione imposto dagli europei rischia di provocare una reazione a catena che danneggerebbe i nostri produttori ben più di quanto gli USA non abbiano già fatto. Il paradosso è evidente: ci vendicheremmo colpendo noi stessi, e nel frattempo alimenteremmo un conflitto economico che l’Italia, con la sua forte vocazione export-oriented, non può assolutamente permettersi.

Meloni contro la follia dell’Unione Europea: basta autogol

Non si può ignorare un dato di fondo: la prima ad aver penalizzato l’Italia negli ultimi anni non è stata Washington, ma Bruxelles. Con il Green Deal ideologico, con normative assurde sull’automotive, con vincoli ambientali calati dall’alto che hanno messo in ginocchio la nostra industria manifatturiera, l’Unione Europea ha fatto più danni di qualsiasi dazio americano. Oggi, molti a Bruxelles si stracciano le vesti per difendere il “sacro mercato unico”, ma dimenticano che sono stati proprio loro a renderlo inefficiente, burocratizzato, penalizzante per le imprese italiane.

Giorgia Meloni lo ha capito. E per questo ha lanciato un messaggio forte: non servono reazioni isteriche, servono riforme strutturali. Piuttosto che rispondere a Trump con nuovi dazi, l’Italia deve guidare un cambio di rotta in Europa. Serve una trattativa vera con Washington, non comunicati stampa minacciosi. Serve una revisione profonda delle follie ideologiche green, soprattutto nel settore dell’automotive, dove continuiamo ad applicare standard suicidi che danneggiano le nostre aziende e favoriscono la Cina.

Serve rendere finalmente competitivo e snello il mercato unico europeo, oggi ancora appesantito da burocrazia e rigidità. E soprattutto, bisogna sospendere il Patto di stabilità, utilizzando la clausola di salvaguardia per liberare risorse e dare fiato agli investimenti strategici. Se Bruxelles non è in grado di reagire con pragmatismo, allora è Roma che deve indicare la rotta.

Meloni verso Trump: un’alleanza strategica per l’Italia

In questo contesto prende sempre più quota l’ipotesi di un viaggio della premier Meloni negli Stati Uniti per incontrare Donald Trump, oggi candidato favorito alla Casa Bianca. Secondo retroscena autorevoli, la presidente del Consiglio avrebbe cancellato o rinviato alcuni impegni, tra cui un incontro con Erdogan, per aprire un canale diretto con il tycoon americano prima della visita a Roma del vicepresidente designato JD Vance, prevista per il 19 aprile.

Si tratterebbe di una mossa di altissimo profilo politico e diplomatico. Parlare direttamente con Trump, ricostruire un rapporto bilaterale forte, spiegare le esigenze dell’industria italiana senza il filtro di Bruxelles — significherebbe rimettere l’Italia al centro del nuovo assetto economico globale. È chiaro che la Meloni, in questo momento, sta ragionando da leader autonomo, capace di guardare al futuro senza subire la passività e i dogmatismi dell’establishment europeo.

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