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Ecco l’ennesima “emergenza pandemica potenziale”: basta terrorizzare l’opinione pubblica

26 Mar 2025 - Mondo

Dopo il Covid, ogni virus diventa una nuova minaccia globale. Ora tocca all’H5N1, ma la narrazione allarmista è sempre la stessa. E intanto fioccano vaccini e piani d’emergenza.

Ecco l’ennesima “emergenza pandemica potenziale”: basta terrorizzare l’opinione pubblica

H5N1 e l’industria della paura: il copione si ripete

A ogni virus che emerge, puntualmente torna l’eco dell’allarme globale. Questa volta tocca all’influenza aviaria H5N1, che secondo Richard Pebody, direttore del dipartimento Malattie infettive dell’Health Security Agency del Regno Unito, “ha il potenziale per scatenare un’emergenza simile al Covid”. Il motivo? È stato riscontrato un caso in una pecora nello Yorkshire, primo caso noto al mondo. Tanto basta per far ripartire la macchina della comunicazione catastrofista.

Che si tratti di un’infezione isolata o di un’osservazione scientifica legittima, poco importa: il messaggio mediatico è chiaro e univoco. Ancora una volta, si parla di pandemia imminente, di virus che “potrebbero diventare la prossima Malattia X”, di nuovi vaccini da sviluppare e di interi arsenali da stoccare. Tutto già visto. Tutto già sentito.

Una narrazione studiata: il pericolo è sempre dietro l’angolo

A distanza di pochi anni dalla gestione confusa e, per molti aspetti, fallimentare della pandemia da Covid-19, torna la stessa narrazione: un virus zoonotico, il rischio di salto di specie, la necessità di interventi immediati, l’allarme per l’opinione pubblica. Ma davvero ogni nuova mutazione deve diventare automaticamente una nuova apocalisse? O ci troviamo di fronte a un paradigma comunicativo ormai rodato, che sfrutta l’emotività collettiva per giustificare misure straordinarie?

Se da un lato nessuno mette in dubbio l’importanza del monitoraggio e della prevenzione, dall’altro è doveroso domandarsi perché ogni allarme sanitario venga trattato come una potenziale “prova generale” della prossima crisi globale. E soprattutto: chi trae beneficio da tutto questo?

Dopo il Covid, fiducia compromessa e interessi opachi

La gestione della pandemia da Covid-19 ha lasciato ferite profonde. Contratti opachi con le case farmaceutiche, obblighi vaccinali imposti senza trasparenza, trattamenti terapeutici marginalizzati, dissenso scientifico silenziato. In questo contesto, risulta difficile accogliere con fiducia un nuovo ciclo di allarmismi, specialmente se accompagnato – come già avviene nel Regno Unito – da milioni di dosi di vaccini ordinati preventivamente, prima ancora che esista una reale emergenza.

Non è complottismo, è buon giornalismo: chiedere trasparenza, pretendere dati verificabili, rifiutare narrazioni precostituite. Anche perché, come ammesso dalla stessa UKHSA, il virus H5N1 non è al momento trasmissibile da uomo a uomo in modo efficace. Siamo quindi di fronte a un rischio teorico, trasformato però in certezza comunicativa da chi ha interesse a mantenere la popolazione in uno stato di ansia costante.

Serve responsabilità, non allarmismo cronico

La scienza deve rimanere uno strumento al servizio della realtà, non della paura. E il giornalismo dovrebbe vigilare, non amplificare. Ogni nuovo virus non è automaticamente una nuova pandemia. Ogni mutazione non giustifica l’ennesima emergenza. È tempo di dire basta a questa narrazione ansiogena, che sembra piacere tanto ai media quanto a una certa politica sempre più prona alle logiche delle grandi multinazionali farmaceutiche.

Vigilare, sì. Informare, certamente. Ma smettiamola di spaventare il mondo a ogni titolo. L’informazione non può diventare l’ennesimo vettore di contagio: quello della paura, della sudditanza e della rinuncia al pensiero critico.

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