I FISCHI LI MERITIAMO NOI, NON NAPOLITANO
24 Set 2023 - Approfondimenti Politici
Ma che Paese siamo diventati: non ci fermiamo neanche davanti alla morte, non riconosciamo i meriti delle persone e disprezziamo chiunque, senza approfondire, interrogarci, soffermarci sui fatti storici e contestualizzarli.
Come Berlusconi, anche Napolitano è vittima della truculenza social e, ancor peggio, della bordata di fischi in stadi ricolmi d’odio e rancore.
Già, il rancore ci pervade, non ci rende lucidi, ci porta ad insultare la memoria di uomini e donne il cui valore intellettuale dovrebbe fungere da pungolo, da faro illuminante, da percorso di studi.
Napolitano nel ‘56 si schierò con i sovietici, è vero. Ma successivamente fece ammenda, maturò politicamente e scelse di ingaggiare una lotta appassionata all’interno di un PCI massimalista e chiuso a qualsiasi apertura all’occidente.
Napolitano non divenne segretario del PCI per la sua propensione al dialogo con i socialisti di Craxi, guardato a vista dagli integerrimi della dottrina, osteggiato nella ricerca di una via socialdemocratica di respiro europeo, in grado di traghettare l’Italia verso una democrazia compiuta, progressista, solidale.
Ci vollero la caduta del Muro di Berlino e la “svolta della bolognina” per veder realizzato quel processo di maturazione immaginato dal Presidente emerito.
Ma il cambiamento, in politica, non si costruisce l’ultimo minuto, non si impone all’ultimo istante, non si fonda sulle macerie di un sistema politico sgretolatosi in un giorno per le picconate delle Procure della Repubblica.
Napolitano conosceva le intemperanze dei i processi storici e come avrebbero potuto incidere sul futuro del Paese, e aveva l’acume di comprendere dinamiche non ancora esplicitatesi.
La polemica sulla “questione morale” verteva proprio sul concetto di illibatezza di una parte politica rispetto ad un contesto marcio, truffaldino, tangentista.
Berlinguer pretendeva l’integrità morale, appunto, di una classe dirigente: anelava ad una purezza di spirito, utopica per chi si immerge nei gangli del potere.
Per Napolitano la “questione morale” rappresentava quel frutto avvelenato che avrebbe disseminato il terreno della politica di piante infestanti, dannose per le istituzioni.
Napolitano, nella questione morale, vide i prodromi del grillismo duro e puro, dei “VaffaDay”, del “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”.
Certo, la morte del segretario particolare del Presidente emerito e il presunto coinvolgimento nella trattativa Stato-mafia, e la crisi del 2011, con lo spread alle stelle e l’avvicendamento a Palazzo Chigi tra Berlusconi e Monti gettano un velo di amarezza sulla figura politica di Napolitano, ma non ne delegittimano la caratura.
Sulla trattativa non vi è alcuna prova del coinvolgimento del Quirinale!
Sulla caduta dell’ultimo governo Berlusconi, si può solo affermare che il Cavaliere era ormai logoro, segnato dalle inchieste giornalistiche e giudiziarie, non più credibile in Europa, con una maggioranza in frantumi e tenacemente aggrappata al gruppo di improbabili responsabili.
Napolitano, per essere apprezzato a Washington ha subito invettive da sinistra, per essere un fervente europeista è stato severamente avversato a destra, per aver firmato alcune leggi molto gradite a Berlusconi era inviso ai guru pentastellati, per aver garantito il governo Monti il suo consenso nel Paese precipitò.
Ma il suo più grande dispiacere fu quello di non aver portato l’Italia nella seconda repubblica, cambiando costituzionalmente l’assetto della forma di Governo: si schierò a favore della riforma costituzionale voluta da Renzi perché avrebbe dato stabilità, quella stabilità imprescindibile per chi crede pervicacemente nelle istituzioni.
Purtroppo per lui, e anche per noi, oggi viviamo in una prima repubblica agonizzante, in preda a populismi sfrenati, ad espedienti alla buona, ad una mancanza assoluta di senso delle istituzioni, ad una instabilità politica permanente anche con maggioranze apparentemente bulgare, ostaggi di una ignoranza avvilente e senza neanche la speranza che si possa presentare una classe dirigente in grado di guardare oltre le prossime elezioni.
E per questo dovremmo subissarci di fischi!