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Il Nuovo Vescovo di Shanghai e il Delicato Equilibrio del Vaticano in Cina

21 Lug 2023 - Oriente

Il Nuovo Vescovo di Shanghai e il Delicato Equilibrio del Vaticano in Cina

Nel caldo weekend del 15 luglio, una notizia cruciale ha fatto breccia nei canali informativi religiosi e politici. Papa Francesco ha nominato Giuseppe Shen Bin, 53 anni, come nuovo vescovo di Shanghai, un fulcro per la comunità cattolica nella Repubblica Popolare Cinese. A prima vista, potrebbe sembrare un semplice passaggio di consegne ecclesiastico. Ma in realtà, tale notizia non è per nulla banale.

Sebbene sia stato sottoscritto un accordo tra la Santa Sede e il governo cinese nel 2018, rinnovato nonostante le rimostranze di gran parte del mondo cattolico, Pechino ha deciso di agire unilateralmente, nominando vescovi allineati al Partito Comunista, bypassando il preventivo consenso del Vaticano.

Il fulcro dell’accordo era proprio questo: le nomine vescovili in Cina dovevano avvenire in concerto tra la Santa Sede e il governo cinese. Tuttavia, Monsignor Shen Bin è stato trasferito da Haimen a Shanghai e designato come nuovo vescovo, senza alcun coinvolgimento del Vaticano. Questa mossa ha evidenziato chiaramente l’intenzione di Pechino di operare liberamente nelle nomine vescovili, ritenendo questo diritto parte integrante della sovranità della Repubblica Popolare.

Nonostante le critiche, Papa Francesco ha insistito sul fatto che l’accordo “va bene”, dando prova di un realismo pragmatico. Secondo l’interpretazione più diffusa, il Papa sostiene che è meglio avere un accordo – per quanto precario – che assicura una presenza della Chiesa in Cina, piuttosto che non averne.

Tuttavia, i benefici tangibili per la Santa Sede restano incerti. Monsignor Shen Bin, ora al vertice della Conferenza Episcopale Cinese, è un fedele allineato alle posizioni del Partito Comunista. La Conferenza Episcopale, nonostante il nome prestigioso, funge da strumento attraverso il quale Pechino esercita un controllo stretto sui cattolici della Repubblica.

Nonostante le proteste, Papa Francesco ha continuato a nominare suoi fedelissimi nelle posizioni chiave del Vaticano, preparando il terreno per la sua successione. Tuttavia, le critiche stanno aumentando, soprattutto in contesti influenti come la Germania, dove il Pontefice viene accusato di aver condotto la Chiesa verso posizioni eccessivamente terzomondiste, ignorando gli episcopati europei e americani.

Alcuni critici vanno oltre, insinuando che Papa Francesco, che ha dimostrato poca durezza verso i regimi autoritari di sinistra come Cuba e Venezuela, possa nutrire una certa simpatia per il regime cinese, come contrappeso alla potenza degli Stati Uniti. Queste, naturalmente, sono speculazioni che solo il futuro potrà confermare o smentire. Intanto, la posizione della Santa Sede in Cina rimane un delicato esercizio di equilibrio tra la fede, la politica e la diplomazia internazionale.

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