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La complessità della Siria: Aleppo, Assad e la lotta tra Sunniti e Sciiti

1 Dic 2024 - Medio Oriente

Ad Aleppo si combatte non solo per il territorio ma per il futuro della Siria: tra alleanze geopolitiche, rivalità religiose tra sunniti e sciiti, e il ruolo di Bashar al-Assad, il conflitto si intreccia con divisioni secolari e interessi globali.

La complessità della Siria: Aleppo, Assad e la lotta tra Sunniti e Sciiti

La situazione sul campo ad Aleppo

La città di Aleppo, simbolo della guerra civile siriana, è tornata al centro di scontri violenti. Dopo anni di relativa calma, l’offensiva lanciata dai ribelli nella città rappresenta un duro colpo per il governo di Bashar al-Assad. Il conflitto è caratterizzato da una guerra di trincea nei quartieri orientali e nei pressi del cuore commerciale della città.

Hayat Tahrir al-Sham (HTS), principale forza ribelle, ha dimostrato capacità tattiche avanzate, utilizzando droni armati e lanciando attacchi coordinati contro le linee di rifornimento del regime. Parallelamente, milizie curde delle Forze Democratiche Siriane (SDF) hanno aperto nuovi fronti a nord della città, creando ulteriore pressione sulle truppe governative.

A complicare il quadro, i raid russi sono stati mirati ma hanno suscitato critiche per i danni collaterali significativi: scuole, ospedali e infrastrutture civili sono state distrutte, causando un esodo di massa. Le Nazioni Unite stimano che oltre 200.000 persone abbiano abbandonato la città nelle ultime settimane.

Le alleanze e le rivalità sul campo

L’interazione tra ribelli, forze governative e attori esterni rende il conflitto estremamente complesso. I ribelli di HTS, sebbene considerati organizzazioni terroristiche da diversi paesi, ricevono supporto indiretto da alcune potenze regionali che cercano di indebolire Assad. Tra queste, la Turchia gioca un ruolo ambiguo: ufficialmente impegnata contro il terrorismo, Ankara fornisce armi e supporto logistico a gruppi ribelli che combattono contro Assad e contro le SDF, viste come una minaccia per la sicurezza turca.

Dall’altro lato, il regime siriano si appoggia su due pilastri fondamentali: l’appoggio della Russia e dell’Iran. Mosca ha investito risorse enormi per mantenere Assad al potere, non solo attraverso attacchi aerei ma anche tramite la presenza di mercenari del gruppo Wagner. L’Iran, invece, ha fornito milizie sciite altamente disciplinate, come Hezbollah, e armi di precisione.

In questo mosaico geopolitico, ogni attore persegue obiettivi diversi. La Russia vuole mantenere il suo accesso al Mediterraneo tramite la base navale di Tartus; l’Iran mira a rafforzare il proprio corridoio sciita verso il Libano, mentre la Turchia cerca di contrastare l’autonomia curda. La Siria stessa diventa il campo di battaglia per queste ambizioni contrastanti.

Le radici del conflitto settario: sunniti contro sciiti

Le divisioni religiose giocano un ruolo chiave nel conflitto. La Siria è composta da una popolazione sunnita maggioritaria (circa il 74%), mentre la leadership alawita, una minoranza sciita, detiene il potere. Questo squilibrio demografico è stato alla base delle tensioni fin dai tempi dell’indipendenza siriana.

Gli alawiti, considerati una setta sciita eterodossa, si sono storicamente sentiti emarginati. Tuttavia, con l’ascesa di Hafez al-Assad al potere nel 1970, gli alawiti sono diventati la spina dorsale delle forze armate e dell’apparato di sicurezza siriano. Questa concentrazione di potere ha alimentato il malcontento della maggioranza sunnita.

Durante la guerra civile, le milizie sciite e sunnite si sono affrontate in uno scontro che riflette rivalità regionali più ampie. L’Arabia Saudita, guida del mondo sunnita, ha finanziato gruppi ribelli sunniti, mentre l’Iran ha mobilitato milizie sciite per difendere il regime alawita. Il risultato è stato un conflitto settario che ha radicalizzato entrambe le comunità.

La biografia di Bashar al-Assad

Bashar al-Assad è una figura complessa, il cui percorso personale riflette molte delle contraddizioni della Siria contemporanea. Nato nel 1965, Bashar crebbe in una famiglia privilegiata ma sotto l’ombra del padre Hafez, un leader autoritario che consolidò il potere alawita attraverso il partito Ba’ath e una rete di alleanze tribali.

Bashar trascorse buona parte della sua giovinezza lontano dalla politica, studiando medicina e specializzandosi in oftalmologia a Londra. La morte improvvisa del fratello maggiore Bassel, considerato l’erede designato, costrinse Bashar a rientrare in Siria e a intraprendere una rapida scalata all’interno delle istituzioni governative.

Quando Hafez morì nel 2000, Bashar fu eletto presidente con ampio consenso, alimentando speranze di riforme. Tuttavia, il giovane leader si trovò ben presto intrappolato tra il desiderio di modernizzazione e la necessità di preservare l’autorità del regime. Gli oppositori affermano che le sue promesse di cambiamento si trasformarono in un rafforzamento della repressione.

Con l’inizio della guerra civile nel 2011, Assad adottò una strategia brutale per mantenere il potere, giustificando le sue azioni come necessarie per combattere il terrorismo. I suoi sostenitori sottolineano il ruolo decisivo che ha giocato nel proteggere la sovranità siriana contro l’ingerenza straniera e nell’impedire la frammentazione del paese.

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