L’oro supera i 3.000 dollari: tempesta sui mercati, rifugio nella sicurezza
14 Mar 2025 - Finanza
L’impennata storica dell’oro riflette il crollo della fiducia nei mercati occidentali, il declino del dollaro e l’escalation delle tensioni geopolitiche. Le banche centrali abbandonano i Treasury USA, mentre gli investitori cercano sicurezza.

I prezzi dell’oro hanno raggiunto un nuovo massimo storico giovedì, con i futures al Comex che hanno superato per la prima volta i 3.000 dollari (2.764 euro) per oncia, per poi assestarsi a 2.981 dollari. L’impennata dell’oro, bene rifugio per eccellenza, riflette le crescenti tensioni geopolitiche, l’instabilità economica e il progressivo allontanamento delle banche centrali dal dollaro statunitense.
La corsa ai beni rifugio: un segnale di sfiducia nell’Occidente
Il 2024 ha visto un aumento del 13% del prezzo dell’oro, alimentato dall’incertezza globale e dalla sfiducia nelle politiche economiche occidentali. L’aumento dei conflitti internazionali, il rallentamento delle economie europee e americane, e le scelte finanziarie aggressive delle amministrazioni statunitensi stanno spingendo investitori e governi a rifugiarsi nell’oro. La deglobalizzazione in atto e il fallimento delle politiche monetarie delle grandi potenze industrializzate non fanno che rafforzare questa tendenza.
Guerra commerciale e debolezza del dollaro: l’eredità di scelte miopi
L’amministrazione Trump ha imposto dazi generalizzati del 25% su acciaio e alluminio, provocando ritorsioni da parte di Canada e Unione Europea. Le nuove minacce di dazi del 200% su prodotti europei, come il vino, rischiano di innescare un’escalation di misure protezionistiche, con effetti negativi sulla crescita economica globale. Nel frattempo, il dollaro USA ha perso oltre il 5% rispetto al suo massimo di gennaio, segno che la fiducia nei mercati finanziari americani sta calando.
La Federal Reserve potrebbe essere costretta a tagliare i tassi d’interesse già a giugno, una mossa che confermerebbe il declino dell’economia statunitense e accelererebbe la fuga verso asset più sicuri. Il rafforzamento dell’euro e la crescente influenza delle economie emergenti, in particolare quelle asiatiche, stanno riducendo ulteriormente il predominio del dollaro.
Le banche centrali abbandonano il dollaro: il tramonto dell’egemonia americana?
Un aspetto significativo del rally dell’oro è l’aumento degli acquisti da parte delle banche centrali, che stanno riducendo la loro esposizione ai titoli di Stato americani. L’incapacità degli Stati Uniti di gestire il proprio debito pubblico e le politiche fiscali aggressive hanno spinto diverse nazioni, tra cui Cina e Russia, a diversificare le proprie riserve. Questa tendenza potrebbe segnare l’inizio della fine del dollaro come valuta di riferimento globale, con conseguenze imprevedibili per l’equilibrio geopolitico mondiale.
Mercati finanziari in caduta libera, l’oro resta l’unico porto sicuro
L’instabilità economica sta provocando un fuggi-fuggi generale dagli asset più rischiosi. I mercati azionari statunitensi, dominati per anni dai colossi tecnologici, stanno registrando pesanti perdite, con l’S&P 500 in calo del 10% dai massimi di febbraio. Anche in Europa si avvertono gli effetti della crisi americana, con i principali indici azionari in ribasso.
Il settore energetico non se la passa meglio: i prezzi del petrolio stanno scivolando verso i minimi pluriennali a causa delle incertezze sulla domanda globale e delle trattative per il cessate il fuoco in Ucraina, che potrebbero riportare sul mercato ingenti quantità di petrolio russo.
Un mondo in trasformazione: gli investitori scommettono sull’oro
La crescita dell’oro non è solo una questione economica, ma un chiaro segnale geopolitico. La perdita di fiducia nei mercati occidentali, la transizione verso un’economia multipolare e l’incertezza sulle future mosse delle grandi potenze stanno portando governi e investitori a prepararsi a scenari instabili.
L’oro, come sempre nella storia, si conferma il bene rifugio per eccellenza nei momenti di crisi. Ma la domanda che ci si deve porre è un’altra: questa impennata è solo l’inizio di un cambiamento più profondo?