Meloni sfida i dazi: l’Europa si affida a lei
7 Apr 2025 - Italia
La premier vola a Washington per incontrare Trump e scongiurare la guerra commerciale. A Bruxelles si tace, ma si spera nel suo peso politico. L’Italia guida, l’Europa segue.

Meloni in trincea per salvare l’Europa dai dazi di Trump. Bruxelles? Tace e spera
In un’Europa che balbetta, si divide e si nasconde dietro le procedure, è Giorgia Meloni a metterci la faccia. Mentre a Bruxelles si moltiplicano le riunioni inconcludenti e i timori di una guerra commerciale con gli Stati Uniti diventano realtà, l’unico fronte operativo si chiama Roma. Il 16 aprile la premier italiana volerà a Washington per incontrare Donald Trump, oggi nuovamente comandante in capo della Casa Bianca. E tra i corridoi della Commissione europea – pur senza ammetterlo pubblicamente – ci si aggrappa proprio a lei: la sola ad avere un canale vero con l’uomo forte d’America.
Tra Meloni e Trump un dialogo diretto. L’UE è tagliata fuori
La verità è semplice: nessun leader europeo ha oggi la credibilità e il rapporto personale che Meloni ha costruito con Trump. Mentre Olaf Scholz e Emmanuel Macron restano in silenzio o si limitano a dichiarazioni generiche, l’Italia ha una premier in grado di varcare la soglia dello Studio Ovale e parlare alla pari. Non per chiedere favori, ma per negoziare. E in ballo non c’è solo il futuro dell’export italiano, ma la tenuta economica del continente.
Missione Washington: evitare lo scontro commerciale
L’obiettivo? Fermare l’escalation di dazi e trovare una soluzione che salvi la competitività europea, oggi minacciata tanto dalla linea protezionista americana quanto dalle folli regole interne imposte da Bruxelles. Meloni ha già in mente una proposta concreta: un compromesso che preveda una riduzione simmetrica dei dazi attuali, fissandoli a una soglia sostenibile. Non l’utopia dello “zero dazi”, ma un accordo realistico e utile. Sempre che l’Europa voglia seguirla.
Altro che Green Deal: i veri dazi ce li impone l’Europa
Invece di sostenere la sua iniziativa, Bruxelles continua a imporre norme ideologiche che affossano la manifattura, l’agroalimentare, l’automotive. Il Green Deal, voluto dalla sinistra europea e benedetto da Ursula von der Leyen, si sta rivelando un boomerang economico. E mentre i burocrati si riuniscono a Lussemburgo per l’ennesimo summit senza sbocco, a Palazzo Chigi si lavora concretamente: è attiva da giorni una task force per valutare settore per settore l’impatto dei dazi americani e per rafforzare la proiezione commerciale italiana verso altri mercati.
Una premier sovranista a difesa dell’interesse nazionale (e non solo)
Giorgia Meloni non andrà a Washington come portavoce di un’Europa debole e confusa. Ci andrà come premier di una nazione sovrana, che sa trattare da pari con le grandi potenze. E se riuscirà a sbloccare il dialogo con Trump, sarà anche merito della visione politica di chi ha sempre rifiutato l’antiamericanismo a senso unico, mantenendo però la schiena dritta. Perché dire sì alla cooperazione con gli USA non significa accettare tutto passivamente, ma avere la forza di trattare.
In gioco c’è la leadership in Europa
Questo viaggio non è solo un atto diplomatico. È una prova di forza politica. Se Meloni riuscirà a portare a casa un risultato concreto, dimostrerà ancora una volta che l’Italia può guidare l’Europa da destra, con realismo, autorevolezza e spirito patriottico. E chissà, forse a Bruxelles qualcuno inizierà a capire che non servono più tecnocrati, ma leader veri.
Mai caduti così in basso.
La speranza sull’improvvisazione.
Della pochezza politica.