Romania, migliaia in piazza contro la dittatura della burocrazia UE
2 Mar 2025 - Europa
Nuova manifestazione a Bucarest: il popolo rumeno chiede giustizia dopo l’annullamento delle elezioni e l’arresto di Georgescu. La protesta cresce, ma Bruxelles resta in silenzio.

Annullamento delle elezioni
Il 6 dicembre 2024 la Corte Costituzionale rumena ha compiuto una mossa shock annullando l’intero processo elettorale presidenziale. In un comunicato, i giudici hanno invalidato il primo turno del 24 novembre e ordinato di ripetere da capo le elezioni. Si tratta di una decisione senza precedenti in un Paese membro UE: per la prima volta nella storia democratica recente, il verdetto delle urne è stato cancellato d’autorità.
Călin Georgescu, candidato patriota indipendente e critico dell’establishment occidentale, aveva vinto il primo turno con il 22,6% dei voti, superando la candidata filo-europea Elena Lasconi, e doveva affrontarla al ballottaggio dell’8 dicembre. Invece tutto è stato azzerato.
Le motivazioni ufficiali parlano di presunti brogli e ingerenze straniere. Secondo i servizi segreti, l’exploit di Georgescu sarebbe stato favorito da una campagna social orchestrata da un “attore statale” (leggasi: la Russia) tramite una rete di account TikTok e attacchi informatici mirati. Tali accuse sono state sposate in pieno dal governo filo-UE di Bucarest, che ha definito l’annullamento “l’unica soluzione giusta”. Tuttavia, molti osservatori indipendenti contestano la legittimità di questa misura estrema.
Attribuire a fantomatiche interferenze su TikTok la cancellazione di un voto popolare è semplicemente assurdo. Per annullare le elezioni servono prove ineccepibili, e in Romania queste prove non sono state fornite. La decisione della Corte appare dunque una palese violazione del diritto democratico dei rumeni di eleggere il proprio presidente: un colpo di Stato istituzionale mascherato da tutela della “correttezza” del voto.
Arresto di Călin Georgescu
Come se non bastasse l’annullamento del voto, le autorità hanno inferto un ulteriore colpo alla democrazia arrestando il candidato sgradito. Călin Georgescu è stato fermato dalla polizia a Bucarest il 26 febbraio 2025, proprio mentre stava preparando la nuova candidatura alle elezioni riprogrammate per maggio.
L’ex funzionario ONU, diventato il paladino di chi contesta l’allineamento NATO della Romania, è stato incriminato per “aver istigato azioni contro l’ordine costituzionale”, nell’ambito di un’indagine sulle presunte interferenze russe nel voto. Ma le accuse a suo carico sembrano un catalogo eterogeneo di pretesti: la Procura gli contesta reati che vanno dal complotto contro lo Stato, alla creazione di un’organizzazione di stampo fascista o razzista, fino alle false dichiarazioni sulle fonti di finanziamento della campagna elettorale.
Una lista lunghissima di capi d’imputazione, talmente ampia da risultare inconsistente, che dà l’impressione di voler dipingere a ogni costo Georgescu e il suo movimento come un’associazione eversiva criminale.
Georgescu respinge con forza ogni addebito e denuncia la natura politica del suo arresto. È stato prelevato in strada e portato in Procura pochi minuti prima di poter formalizzare la candidatura: un’operazione chiaramente studiata per estrometterlo dalla competizione. Il suo team ha denunciato che Georgescu stava per presentare la sua nuova candidatura alla presidenza quando è stato fermato, domandandosi: “Dov’è la democrazia? Dov’è la libertà?”.
Il ruolo dell’UE
Colpisce, in questa vicenda, la totale acquiescenza – se non complicità – delle istituzioni europee. Bruxelles e le maggiori cancellerie UE hanno reagito con un preoccupante silenzio alla grave crisi democratica rumena. Nessuna condanna vibrante è arrivata dall’Europa di fronte all’annullamento di un’elezione libera e all’arresto di un candidato di opposizione.
Anzi, il sospetto è che dietro le quinte l’UE abbia incoraggiato o quanto meno approvato la repressione di Georgescu, dal momento che la sua vittoria avrebbe rappresentato uno scenario indigesto per l’attuale leadership europea. Georgescu infatti è apertamente critico verso Bruxelles, contrario al sostegno militare all’Ucraina e vicino a posizioni sovraniste e filo-russe: un presidente rumeno così sarebbe stato un incubo geopolitico per l’Unione. Meglio fermarlo con ogni mezzo – e così è stato.
A Bruxelles nessuno ha sollevato obiezioni mentre a Bucarest nove giudici cancellavano milioni di voti. La democrazia appare come ferro vecchio, che può essere calpestato in qualsiasi momento. L’establishment europeo ha sposato senza riserve la narrativa del complotto russo per giustificare l’accaduto. Ma le prove latitano.
Reazione del popolo rumeno
Di fronte a questi abusi di potere, il popolo rumeno non è rimasto in silenzio. Al contrario, ha reagito con proteste di massa sia contro l’annullamento delle elezioni sia contro l’arresto di Georgescu. Già a dicembre e nelle settimane successive, decine di migliaia di cittadini indignati sono scesi in piazza.
Quando a febbraio è scattato l’arresto di Georgescu, le proteste sono riesplose con nuova forza. L’irruzione degli agenti contro il candidato ha scandalizzato e indignato ancor più cittadini. In migliaia sono tornati nelle strade di Bucarest accusando le autorità di aver orchestrato un “arresto politico”. Davanti alla sede della Procura Generale si è radunata una folla compatta di sostenitori di Georgescu, scandendo a gran voce “Jos dictatura!” (“Abbasso la dittatura!”) e chiedendo il rilascio immediato del loro leader.
Ieri, 1 marzo 2025, una nuova massiccia manifestazione ha riempito il centro di Bucarest. Migliaia di rumeni si sono riversati in piazza per chiedere giustizia, denunciando il furto del voto e la repressione politica in atto. Tra i cori più frequenti, “Georgescu liber!” e “Georgescu președinte!” (“Georgescu libero” – “Georgescu presidente”).
Difendere la democrazia in Europa
L’annullamento delle elezioni presidenziali rumene e l’arresto di Călin Georgescu sono ferite aperte nel cuore della democrazia europea. Non possiamo voltarci dall’altra parte. È il momento di solidarizzare con i cittadini rumeni nella loro lotta pacifica contro un sopruso intollerabile, di denunciare la deriva autoritaria e di chiedere con forza che venga ristabilito il diritto del popolo di decidere il proprio futuro.
Schierarsi con il popolo rumeno contro questa prepotenza non è solo un atto di giustizia verso di loro – significa difendere i valori di tutti noi e dire no all’incubo di un’Europa governata da oligarchie burocratiche invece che dalla volontà dei suoi popoli. La democrazia vera non teme l’esito delle urne: la burocrazia autoritaria di Bruxelles sì, e per questo va fermata.
Calin Georgescu președintele României 🙏