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Stop del gas russo: una sconfitta geopolitica per l’Europa

2 Gen 2025 - Europa

Lo stop al transito del gas russo attraverso l'Ucraina segna una sconfitta strategica per l'Europa, ora più dipendente da forniture costose come il GNL americano. L'industria europea rischia di perdere competitività mentre Mosca e Bruxelles pagano un prezzo economico e politico altissimo.

Stop del gas russo: una sconfitta geopolitica per l’Europa

Il 1° gennaio 2025 segna un punto di svolta drammatico nella politica energetica e geopolitica europea. Gazprom, il colosso russo del gas, ha interrotto le forniture attraverso il territorio ucraino, a seguito della scadenza degli accordi di transito quinquennali firmati nel 2020. L’accordo non è stato rinnovato a causa del rifiuto esplicito da parte di Kiev, rendendo tecnicamente e legalmente impossibile proseguire il transito.

Una sconfitta per Mosca o per l’Europa?

Mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha definito questa interruzione “una delle più grandi sconfitte di Mosca”, la realtà potrebbe raccontare una storia diversa. Se da un lato la Russia perde un’importante fonte di entrate, dall’altro l’Europa si ritrova sempre più dipendente da forniture energetiche più costose e logisticamente complesse, come il gas liquefatto importato dagli Stati Uniti.

La Slovacchia ha già lanciato un allarme sulle “conseguenze drastiche” per l’Unione Europea, mentre la Polonia ha accolto la notizia come una “nuova vittoria” nella strategia di emancipazione energetica da Mosca. Tuttavia, questa apparente vittoria rischia di trasformarsi in una pesante sconfitta per l’intero continente.

La dipendenza dall’esterno: un boomerang per l’Europa

La Commissione Europea ha rassicurato i cittadini affermando che da oltre un anno si coordinava con gli Stati membri per garantire forniture alternative e che l’infrastruttura del gas è sufficientemente flessibile. Ma questa flessibilità ha un prezzo.

Le forniture di gas liquefatto (GNL) provenienti da Stati Uniti e Qatar comportano costi di trasporto più elevati e un’infrastruttura logistica più complessa rispetto al gas russo, che arrivava via gasdotto in modo diretto e più economico. Già oggi l’industria europea, soprattutto quella tedesca, soffre un forte calo della competitività rispetto a Stati Uniti e Cina, a causa di costi energetici più elevati.

Italia e sicurezza energetica

Il ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha cercato di rassicurare il Paese, sottolineando che le scorte nazionali di gas sono adeguate per affrontare l’inverno. Inoltre, ha annunciato l’arrivo di una nuova nave rigassificatrice a Ravenna, che dovrebbe incrementare ulteriormente la capacità di importazione di GNL. Ma basterà questo per proteggere i consumatori italiani da ulteriori rincari?

Pichetto ha anche invitato l’Europa a lavorare su strumenti concreti, come il price cap, per contenere i prezzi dell’energia. Tuttavia, queste misure sembrano solo palliativi di fronte a un problema strutturale più profondo: la perdita di una fonte di energia affidabile e conveniente che poteva mantenere l’Europa economicamente competitiva.

Una guerra energetica senza vincitori

L’interruzione del transito del gas russo colpisce tutti. L’Ucraina perde circa 800 milioni di dollari annui in tasse di transito, mentre Gazprom subisce una perdita stimata in 5 miliardi di dollari per la mancata vendita di gas. Ma è l’Europa a pagare il prezzo più alto in termini di stabilità economica e industriale.

La Moldavia, uno dei paesi più dipendenti dal gas russo che arrivava attraverso l’Ucraina, ha già annunciato misure di emergenza per ridurre di un terzo il consumo di gas. E mentre l’Europa si affretta a diversificare le fonti energetiche, resta vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi globali e alle crisi geopolitiche nei paesi produttori.

Una frattura evitabile?

Questa rottura energetica sottolinea l’errore strategico dell’Europa nel lasciarsi trascinare in una guerra economica contro la Russia. Una relazione pragmatica e cooperativa tra Europa e Russia avrebbe potuto garantire stabilità e prosperità reciproche, invece di esporre il continente a una crisi energetica e industriale.

La decisione di appoggiarsi a forniture costose e lontane rischia di trasformare l’Europa in una pedina dipendente dagli interessi statunitensi e di altri fornitori esterni. La vera sconfitta geopolitica, quindi, potrebbe essere proprio quella dell’Europa, sempre più isolata e fragile sullo scacchiere internazionale.

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