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Svezia, ucciso Salwan Momika: esecuzione in diretta social

31 Gen 2025 - Europa

L’uomo che bruciava il Corano è stato assassinato nel suo appartamento vicino Stoccolma. Arrestati cinque sospetti. Il governo svedese ipotizza il coinvolgimento di una potenza straniera.

Svezia, ucciso Salwan Momika: esecuzione in diretta social

Un’esecuzione in pieno stile: libertà d’espressione sotto attacco

Salwan Momika, il rifugiato iracheno diventato noto per le sue manifestazioni contro il Corano, è stato ucciso con diversi colpi d’arma da fuoco nel suo appartamento di Södertälje, vicino a Stoccolma. L’omicidio, avvenuto nella tarda serata di mercoledì 29 gennaio, si è consumato in circostanze inquietanti: l’uomo stava trasmettendo una diretta sui social media quando i suoi assassini si sarebbero introdotti nell’abitazione attraverso il tetto per poi freddarlo.

La polizia ha arrestato cinque persone, indagate per omicidio, ma la loro identità rimane ignota. Un uomo di 45 anni è stato fermato mentre tentava di fuggire in auto con un’arma, mentre gli altri quattro sono stati catturati in un condominio vicino.

Momika: simbolo della libertà d’espressione nel mirino dell’estremismo

Momika, 38 anni, era un rifugiato politico in Svezia dal 2018. Ex militante di un gruppo sciita sostenuto dall’Iran e ostile allo Stato Islamico, una volta arrivato in Svezia si era avvicinato al partito dei Democratici Svedesi, noto per le sue posizioni nazionaliste. Le sue proteste pubbliche contro il Corano avevano suscitato violente reazioni nei Paesi islamici, al punto da innescare una crisi diplomatica tra la Svezia e le nazioni musulmane.

L’uomo aveva bruciato il Corano in diverse occasioni, lo aveva calpestato e ne aveva strappato le pagine in diretta, affermando che il libro sacro dell’Islam rappresentasse “un pericolo per i valori democratici e svedesi”. Le sue azioni erano protette dalla legge svedese sulla libertà d’espressione, ma ciò non aveva impedito al governo iracheno di chiedere la sua estradizione e di promettere una taglia milionaria sulla sua testa.

Un omicidio con possibili legami internazionali

Le modalità dell’assassinio lasciano ipotizzare un’esecuzione premeditata. Il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha dichiarato che potrebbero esserci legami con “una potenza straniera” e ha confermato il coinvolgimento dei servizi di sicurezza nell’indagine. La città irachena di al-Kufa aveva promesso due milioni di dollari e un Corano d’oro a chi lo avesse eliminato, mentre il governo di Baghdad spingeva per il suo rimpatrio forzato.

Salwan Najem, collaboratore di Momika e anche lui imputato per incitamento all’odio, ha dichiarato sui social di temere di essere il prossimo bersaglio. La paura si diffonde tra coloro che, come Momika, hanno osato sfidare l’islamizzazione dell’Europa.

L’Occidente abdica ai suoi principi?

L’omicidio di Momika è un segnale inquietante: chi sfida l’Islam radicale in Europa non è più al sicuro nemmeno in una delle nazioni più “progressiste” del continente. Le autorità svedesi, pur sapendo delle minacce contro di lui, non hanno fatto abbastanza per proteggerlo. E ora, chi pagherà il prezzo di questa resa culturale? L’Occidente, sempre più piegato al ricatto della violenza islamista, rischia di abbandonare uno dei suoi principi fondanti: la libertà d’espressione.

Se il suo omicidio dovesse essere ricondotto a un attacco di matrice islamista, sarebbe la conferma di un’evidenza che molti fingono di non vedere: l’Europa sta diventando un territorio in cui la legge della sharia viene fatta rispettare con il piombo. Momika è stato ucciso non solo da chi ha premuto il grilletto, ma da un’intera classe politica che ha scelto il compromesso al posto della fermezza.

La domanda resta: chi sarà il prossimo?

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