Trump sfida il Senato: nomine controverse e strategie choc
Il presidente eletto propone il "recess appointment" per aggirare le resistenze interne al Partito Repubblicano. Divisioni e tensioni scuotono il Congresso.
Le critiche interne: il caso Matt Gaetz
Tra le nomine che stanno generando scalpore spicca quella di Matt Gaetz, deputato considerato uno dei principali esponenti della destra trumpiana, indicato per la guida del Dipartimento di Giustizia. Una scelta che ha suscitato perplessità persino in alcuni senatori repubblicani, come Susan Collins, che ha ricordato l’importanza del ruolo costituzionale del Senato nel vaglio delle nomine. “Il presidente ha il diritto di nominare chi vuole, ma il nostro compito di fornire avviso e consenso è cruciale”, ha dichiarato la senatrice.
Nuove figure chiave: Karoline Leavitt alla comunicazione
Tra le scelte meno divisive c’è la nomina di Karoline Leavitt, 27enne ex portavoce della campagna elettorale di Trump, ora designata come portavoce della Casa Bianca. Trump ha elogiato la giovane comunicatrice definendola “intelligente, tenace e capace di trasmettere il nostro messaggio al popolo americano”.
Trump e il “recess appointment”: una strategia per bypassare il Senato?
Il vero nodo di questa fase iniziale della presidenza Trump è però rappresentato dalla sua richiesta di ricorrere al recess appointment, un meccanismo costituzionale raramente utilizzato che permette al presidente di bypassare il Senato per rendere effettive alcune nomine. Questa strategia, pensata originariamente per consentire nomine durante lunghe pause del Congresso, è diventata negli anni uno strumento controverso.
Tensioni interne tra i repubblicani
La nomina di John Thune come nuovo leader della maggioranza al Senato, al posto del candidato sostenuto da Trump, Rick Scott, evidenzia le divisioni interne al partito. Thune ha promesso di lavorare a un calendario serrato per l’approvazione delle nomine presidenziali, ma ha evitato di appoggiare apertamente la richiesta di Trump sul recess appointment.
Una strategia rischiosa
Trump si trova quindi di fronte a un dilemma: rischiare un braccio di ferro con il Senato, che vede una maggioranza repubblicana di 53 a 47, oppure cercare un compromesso. Le controverse nomine – come quella di Tulsi Gabbard alla National Intelligence e del complottista no vax Robert Kennedy Jr. alla Sanità – hanno già messo a dura prova l’unità interna. Nel frattempo, i democratici stanno preparando tutte le strategie parlamentari per impedire che il recess appointment diventi una realtà.
Un inizio turbolento
L’approccio aggressivo di Trump, volto a rafforzare i poteri presidenziali e a portare avanti la sua agenda “MAGA” senza ostacoli, rischia di alienare alcuni settori del partito repubblicano. Con un Congresso dominato dai conservatori ma profondamente diviso, la sua presidenza potrebbe essere segnata da continue tensioni, sia con l’opposizione democratica sia all’interno della sua stessa coalizione.
La strada per la conferma delle nomine è appena iniziata, e il panorama politico americano si preannuncia più instabile che mai. Trump sarà in grado di superare le resistenze o si troverà costretto a scendere a compromessi? L’esito delle sue prime mosse sarà cruciale per il futuro della sua amministrazione e per la stabilità del Partito Repubblicano.