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Zelensky ammette: “Non possiamo riprendere Crimea e Donbass”

19 Dic 2024 - 1, Europa

Il presidente ucraino chiede aiuto all’Occidente per negoziare con Putin, ma Orbán lo accusa: "La pace è una tua responsabilità".

Zelensky ammette: “Non possiamo riprendere Crimea e Donbass”

Zelensky ammette: “Non abbiamo la forza di riprendere Crimea e Donbass”

In un’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Parisien, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha fatto una sorprendente ammissione: “Non abbiamo la forza per riprendere tutti i nostri territori occupati”. Riferendosi alla Crimea e al Donbass, Zelensky ha spiegato che, pur essendo costituzionalmente impossibile cedere quei territori, la realtà sul campo dipinge un quadro ben diverso. “Legalmente non possiamo cedere i nostri territori, lo proibisce la Costituzione. Ma fisicamente, cosa valgono queste parole se quelle aree sono sotto il controllo russo?”, ha dichiarato il leader ucraino.

Zelensky ha quindi invocato l’intervento dell’Occidente, chiedendo agli Stati Uniti e all’Europa di esercitare pressione su Vladimir Putin per avviare negoziati diplomatici. Tuttavia, la sua posizione sembra traballante, oscillando tra la fermezza di non riconoscere l’occupazione russa e la ricerca disperata di una soluzione negoziata: “La via diplomatica non significa rafforzare l’occupazione come qualcosa di legale, ma è l’unico modo per porre fine alla guerra”.

La debolezza strategica di Kiev

Le dichiarazioni di Zelensky lasciano intravedere la fragilità della posizione ucraina. Mentre il presidente insiste sul fatto che “nessuno può negoziare con Putin senza Kiev”, ha ammesso che l’Ucraina non si trova in una “posizione forte” e che il suo futuro dipenderà anche dall’eventuale ingresso nella NATO e nell’Unione Europea. Queste affermazioni sollevano dubbi sulla capacità reale di Kiev di influenzare gli eventi, soprattutto in un contesto in cui il conflitto continua a protrarsi senza una chiara svolta.

L’ombra della Corea del Nord e la censura russa

La situazione si complica ulteriormente con il coinvolgimento di soldati nordcoreani al fianco della Russia. Zelensky ha accusato Mosca di bruciare i volti dei soldati nordcoreani uccisi in battaglia per eliminare ogni prova della loro presenza: “La Russia non solo manda le truppe nordcoreane a combattere, ma cerca anche di nascondere qualsiasi traccia di questa collaborazione disumana”, ha scritto su X (ex Twitter). Una denuncia che sembra più mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale che a influenzare concretamente il corso della guerra.

Orbán risponde alle provocazioni di Zelensky

Anche sul piano diplomatico, Zelensky ha trovato un avversario nel premier ungherese Viktor Orbán. Dopo che Zelensky ha criticato la proposta di cessate il fuoco e scambio di prigionieri avanzata da Orbán, definendo il leader magiaro un “intermediario inutile”, Orbán ha risposto senza mezzi termini: “Non risponderemo a provocazioni. C’è una proposta di pace sul tavolo, accettarla o meno è una tua responsabilità”.

La mossa di Orbán mette in evidenza un punto di vista alternativo rispetto alla retorica dominante in Europa, suggerendo che il rifiuto di Zelensky di accettare compromessi potrebbe essere una delle cause del protrarsi del conflitto.

Il silenzio dell’Occidente

Le parole di Zelensky, più che rafforzare la sua posizione, mettono in evidenza le contraddizioni della strategia ucraina e il ruolo ambiguo dell’Occidente. L’insistenza del presidente ucraino sulla necessità di un intervento esterno solleva domande su quanto Kiev sia davvero in grado di agire autonomamente e su quanto invece dipenda dall’appoggio, sempre più costoso, degli alleati internazionali.

Con la guerra che si trascina ormai da anni e i costi umani ed economici che continuano a crescere, la posizione di Zelensky appare sempre più difficile da sostenere, anche di fronte a un pubblico occidentale che inizia a mostrare segni di stanchezza nei confronti di un conflitto senza fine.

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